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Posts Tagged ‘calcio’

ora mi riposo un pò

Attraverso l’utilizzo di una foto già inserita nel blog la scorsa estate, dallo spirito volutamente allegro e sereno, annuncio la sospensione a tempo (per ora) indeterminato degli aggiornamenti di questo blog. Rimarrò a disposizione di chiunque voglia contattarmi via mail, Facebook o attraverso il canale YouTube.
Compatibilmente con gli impegni, come è sempre stato nel mio costume, non farò mancare una risposta a nessuno.
Motivi personali mi impediscono di portare avanti il blog come ho sempre fatto, e avrei avuto piacere di continuare.
Sto cercando di contattare quante più persone possibili (lettori conosciuti in rete, siti amici e via dicendo) per fornire, in privato, spiegazioni più approfondite in merito.
La mia attività di blogger, comunque, non si fermerà qui.

Ho avuto la possibilità, attraverso questo blog, di conoscere moltissime persone. Ognuna mi ha insegnato qualcosa, da tutti ho imparato qualcosa. Spero di aver lasciato anch’io “qualcosa” di positivo in loro.
Il blog è stato impreziosito, negli ultimi mesi, dalla presenza e dagli articoli di Roberta, che ne ha migliorato sensibilmente la qualità e che ringrazio infinitamente.

In questo giorno, di modo che rimanga indelebile nel tempo, voglio lasciare con un pensiero ad amico.
Il suo nome è Valerio Fregoni.
Chi segue gli eventi bianconeri sulla rete, sa a chi mi riferisco.
Se lo pseudonimo che il sottoscritto ha scelto ha avuto un pò di notorietà, nel corso di questi due anni, lo deve anche (e soprattutto) a lui.
Ho perso un amico, pur non avendo mai avuto la fortuna di conoscerlo dal vivo.
Ho perso l’opportunità di dirgli, di persona, “grazie”.
Spero che da lassù continuerà a leggere quello che scriverò sulla nostra amata Juventus.
Comunque vada, non sarò mai bravo quanto lo è stato lui.
So che si incazzerà nel vedere queste frasi.
Ma non sarà mai arrabbiato quanto lo sono io nel non averlo più come consigliere, amico, esempio.

Grazie a tutti per quello che mi avete dato in questi due anni.

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Come una luce in fondo al tunnel, arriva il goal di Marchisio.

Classe, potenza, corsa, juventinità: le ha tutte. Come già scritto da più parti, lasciamo perdere con i paragoni del passato (Tardelli): godiamoci, finalmente, un vero campione fatto in casa.
Il coro “Martin Caceres” ripetuto più volte dal pubblico dell’Olimpico, ci consegna un nuovo protagonista: il terzino (adattato) uruguaiano che, forse, non solo sta iniziando a “tappare una falla pesante” sulla fascia, ma potrebbe, col tempo, essere il futuo centrale da affiancare a Chiellini.
Le speranze sono legate al fatto che la partita della consacrazione non è stata giocata contro un avversario qualsiasi. Attendiamo conferme: la strada, però, è quella giusta.
Se “per il domani” si deve puntare su giocatori dal dubbio valore o ambientamento (Rafinha?), allora meglio spendere 12 milioni di euro e tenersi questa “scheggia impazzita”.

Rigori non dati, espulsioni mancate, testate “date”, gomitate al petto che trasmettono il dolore sino al viso (vero Balotelli?): non è mancato nulla. Tranne il calcio “vero”, quello giocato. Capitava anche nei famosi (e rimpianti) anni ’80 di vedere partite di cartello dalle quali era lecito aspettarsi spettacolo trasformarsi in incontri carichi di nervosismo. Ora, però, il livello generale, rispetto a quei tempi, è basso: l’incontro di ieri sera, ne è stata l’ennesima conferma. A parte il goal di Marchisio: un gioiello.
Un appello a tutti i tesserati bianconeri: evitiamo di fare i soliti proclami dopo una vittoria. Siamo la Juventus, non dimenticatevelo. Silenzio e lavoro.

Balotelli?
Ecco la risposta dei tifosi bianconeri…

Nulla da aggiungere. Se non una postilla: i cori pesanti, da ambo le parti, non sono mancati; ma con l’ironia si vince. La rabbia e la violenza (anche verbale) è sempre sbagliata. Da qualsiasi parte provenga.

Nell’attesa che la prova tv inchiodi Chivu (evitiamo sollecitazioni di ammorbidimento, please), godiamoci questa serie di video. E la vittoria, naturalmente.
Nell’attesa dell’incontro di martedì con il Bayern Monaco…

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E se certe cose le dice lui…

Lo so, lo so: è un pò da cattivi.
Però, grazie all’amico Sante (JUVE 90), ora posso inserire il numero da “funambolo del pallone” di Molinaro nell’incontro col Cagliari: almeno facciamoci due risate sopra 😀
E beccatevi ‘sto tacco mancato, và…

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In realtà io non l’ho mai avuto un diario.
Ma ci sono, per tutti, dei momenti che rimangono scolpiti nella memoria. Ricordi indelebili che sono e rimarranno impressi, quasi fossero stati messi per iscritto.
Quelli poi che sono legati ad un amore, ad una passione, sembrano fare da spartiacque per alcuni momenti della propria vita. Come in quel bellissimo film di Emir Kusturica, “Papà è in viaggio d’affari”, dove il narratore è un bambino che racconta le vicissitudini della propria famiglia e le date che ne ricordano i momenti salienti, sono quelle relative alle partite della nazionale della Jugoslavia.
Le pagine di quell’ipotetico diario, che voglio rileggere oggi con voi, riguardano quella coppa che ora si chiamerà pure Champions League, ma per me era, è e sarà sempre la Coppa dei Campioni.
Parliamo di un sogno, di una storia di amore-odio. Basti pensare a tutte le volte che siamo andati fuori agli ottavi, ai quarti, alle semifinali… quanti rospi da ingoiare. Che poi quando ci si arriva, in finale, si finisce con il perderla!
Un sogno che, per me, inizia nel 1973. Tutto culmina con un collegamento televisivo da Belgrado, per l’incontro tra una giovane squadra che aprirà un ciclo vincente in Italia, e la squadra che, al tempo, era la regina d’Europa e l’illusione dura solo 4 minuti.
Quindi, per riassumere: una giornata di attesa, 4 minuti di illusione, 86 di inutile speranza e una settimana di pianti.
Aspetto 10 anni, è il 1983, e godo in semifinale vedendo la partita da una curva del Comunale. Ma poi, ad Atene, la paura di perdere si rivelò, per i nostri, più forte della voglia di vincere. E questa volta l’illusione dura solo un po’ di più: 9 minuti. Juventus – Amburgo 0 a 1.
La mattina dopo arrivando in ufficio, trovai sulla mia scrivania la foto della coppa ritagliata dal giornale con su la scritta “prendila…..nel c**o”, e per giorni interi i miei colleghi – tutti romanisti – mi hanno preso in giro.
Ma la vendetta è un piatto che va servito freddo.
Ho aspettato un anno, un anno intero.
La finale successiva, l’ha giocata proprio la Roma (con il Liverpool) e, soprattutto, l’ha persa! Il giorno dopo in ufficio sono stata una signora: niente sfottò, nessuna battuta volgare, solo una frase: “Bene, ora sapete come si sta dopo una sconfitta in finale. Ma sappiate che passerà ancora tanto, tanto, tanto tempo prima che voi possiate giocarne un’altra. Ma noi nel frattempo ne giocheremo ancora e le vinceremo”.
E, giuro, il mio secondo nome non è Cassandra!
29.05.1985, stadio Heysel di Bruxelles ed il mio ricordo va solo a quelle 39 persone che sono morte per vedere una partita di pallone! Il dolore!
Ed arriviamo finalmente al 22.05.1996 : l’apoteosi!
Vinciamo, ai rigori, ma vinciamo. Una partita che in realtà avremmo meritato di fare nostra già ai tempi regolamentari. Con un gol, quello di Ravanelli, da posizione incredibile e mi capita, ancora adesso, di chiudere gli occhi e vedere, come se fosse a rallentatore, la palla che corre quasi parallela alla linea di fondo ed alla fine entra in porta…. Campioni d’Europa!
Quella sera gli amici, venuti a vedere la partita a casa mia, portarono con loro una persona che diventerà la più importante della mia vita nei 4 anni successivi.
Vincere la coppa dei campioni ed incontrare l’amore, tutto nella stessa sera. Cosa vuoi di più dalla vita? 😉
L’anno successivo è ancora finale. Sembrava una partita già vinta prima di giocarla. D’altro canto gli avversari sono i tedeschi del Borussia Dortmund, incontrati già diverse volte in quegli anni e ogni volta strapazzati. Le trasmissioni sportive in tv di quei giorni già cantavano vittoria, ma poi 5 minuti maledetti, in cui i tedeschi segnano due gol, ci spezzano le gambe. Entra Del Piero e segna un gol che definire meraviglioso è poco. Avremmo ancora 25 minuti per riprendere in mano la situazione, ed io ci spero, ed invece subiamo ancora. La delusione!
Terza finale consecutiva, siamo oggettivamente la squadra più forte d’Europa, ma non riusciamo a vincere neppure questa partita. Questa volta non è il blasonatissimo Real Madrid a batterci, bensì un gol in netto fuorigioco di Mijatovic. La rabbia!
E siamo arrivati al 2003, da poco di nuovo innamorata e di nuovo in finale! (Ho anche pensato che ci fosse una connessione! 😀 ). Si gioca a Manchester, per l’epilogo tutto italiano con il Milan. Una partita estremamente tattica con due squadre per niente temerarie. Finisce, quindi, 0 a 0 e poi perdiamo ai rigori. Ma noi quella partita abbiamo iniziato a perderla a pochi minuti dalla fine …..della semifinale, quando un cartellino giallo ha impedito a Nedved di giocare la partita successiva. In una finale non si può rinunciare al giocatore più forte d’Europa. Il rimpianto!
Quel mercoledì fu una giornata caratterizzata solo da una marea di contrattempi: mi si è rotta la sveglia, ho faticato a trovare i calzettoni portafortuna (quelli neri con i cagnolini bianchi!), si è rotto il pc in ufficio, e per ultimo ho visto la partita con un’amica milanista.
Strano, perché l’oroscopo di Branko aveva parlato di una giornata favolosa!!!
Per ora non ci sono più pagine nel mio diario che riguardano questo argomento, ma spero, ovviamente, di aggiungerne presto, molto presto, tante altre.
E chissà, proprio in quelle date, quanto sono ricche di particolari anche le pagine dei vostri ipotetici diari.

        

Una signora in bianconero Questo articolo è di Roberta. Tutti gli altri, li puoi trovare nella sua rubrica Una signora in bianconero

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Un’altra sconfitta, un altro 2-0.
Il goal della domenica di Nenè ha aperto le danze, Matri le ha chiuse.

Nel primo goal subito, Marchisio – finalmente – si posiziona davanti ad un avversario che cerca di battere in fretta una punizione in mezzo al campo: poi, quando la palla passa lateralmente allo stesso Nenè, nessuno gli impedisce di tirare.
Il classico goal fortunoso?
Sì, come quello di Hallfredsson della Reggina lo scorso 26 aprile (finì 2-2): Poulsen glielo lasciò scoccare dai 25 metri. Il risultato, fu un goal fantastico. Di fortuna, certo: valgono anche quelli, però.

Confusione, totale.
A poco serve far notare che una minima reazione c’è stata (Ferrara): col Bordeaux, non si era semplicemente scesi in campo.
A volte i risultati sono bugiardi: questo è veritiero.

La nuova idea di inizio gara è stata quella di rinunciare ad una punta (Del Piero), per inserire un centrocampista in più (Marchisio): non è cambiato nulla.
A poco servono le dichiarazioni del dopo-partita, dove si accavallano proclami di ripresa, “mea culpa” o dove vengono evidenziate le posizioni sbagliate di qualche giocatore (Diego).
A più riprese ho chiesto una società che tornasse vicina al suo vero stile: silenzio e fatti.
Parole sprecate.

Questa volta non si può proprio prendersela con il Molinaro di turno (comico il tentativo non riuscito di un colpo di tacco nel secondo tempo) o con il Felipe Melo che sbaglia i passaggi (era in panchina): non va niente.
Ci potremmo attaccare ad alcuni episodi dubbi: per cortesia, non lo facciamo.
Il processo di “interizzazione” sarebbe completato.

Quella che porterà alla gara di sabato prossimo contro i nerazzurri doveva essere una settimana di tensioni: sarà, invece, di paura.
Una postilla per i tifosi del Cagliari: complimenti per il vostri ululati razzisti nei confronti di Sissoko.
Li ho sentiti bene, dalla televisione.
Tranquilli: siamo la ex-Juventus. Contro di noi potete fare quello che volete.
Se ci fate arrabbiare, però, attenti: vi mandiamo l’avv. Zaccone.
Allora lì sì che sono dolori…

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Il Genoa ha vinto meritatamente il derby della Lanterna.
Un 3-0 rotondo: con un po’ di calma e lucidità in più, il passivo per i blucerchiati avrebbe potuto essere ancora più elevato.
I tifosi della Sampdoria hanno finito di mangiare la “Nutella”: ora, il Grifone, è a un punto da loro.
Cornice stupenda di pubblico.
Lo stadio era per tre-quarti tinto di rossoblù: Palladino ha pensato bene di rimanere sotto la curva avversaria con la mano sotto l’orecchio come segno di provocazione, dopo aver siglato l’ultima rete su rigore.
Per cortesia, Raffaele: piantala lì.
Di Balotelli ce n’è già uno…

Oggi Cagliari-Juventus.
Un omaggio, che ormai è diventata mia consuetudine ogniqualvolta giochiamo in terra sarda, al grandissimo Gigi Riva

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Dopo la batosta col Bordeaux, si torna a pensare al campionato.
Non si riesce proprio a parlare della partita col Cagliari: Balotelli, Maicon, Moratti, Mourinho, Ferrara, la Champions League, Diego, Amauri, la RAI con le sue porcate, questa benedetta partita Juventus-Inter…

Eppure, se non arrivassero i tre punti con i sardi, rischieremmo di presentarci davanti ai nerazzurri con una distanza (quasi) incolmabile: 8 punti.
Già ora, con 5, è più che difficile.
Non mi preoccupo tanto del riflesso che potrà avere l’incontro giocato mercoledì con i francesi sul prosieguo del campionato: batosta per noi, così come lo è stata per l’Inter.

Il nostro (primo) problema da risolvere è quello di trovare un’identità, uno schema, un gioco da portare avanti.
Poi, si potrà vincere oppure no, ma almeno avremmo trovato una quadratura del cerchio.
Si continua ancora, a fine novembre, a discutere sullo schema migliore per il centrocampo: “stavolta si gioca col rombo oppure col trapezio?”.

A Bordeaux Del Piero non andava inserito dall’inizio: la partita più delicata da inizio stagione la affronti con chi ancora non ha quasi mai giocato?
Perché il cambio di Sissoko a tre minuti dalla fine?
Perché (questo) Felipe Melo in campo e non (questo) Poulsen?
Mezz’ora di trapezio, poi il rombo, poi… Poi non ci ha capito più nulla nessuno: anche Diego ha chiesto spiegazioni.
Da parte sua, pure Ferrara le avrà chieste al brasiliano: ma come si fa a sbagliare un goal simile?
Chiellini e Buffon gli unici da salvare; Camoranesi tonico, con un dubbio: l’avessero espulso, non saremmo tutti qui a dire che andava sostituito prima? Un arbitro italiano non gli avrebbe fatto terminare l’incontro.

Balotelli?
Perdonate lo sfogo: ma chissenefotte!!!
Premettendo che sono contrario a tutto ciò che è razzismo… Gli ultras bianconeri sono riusciti a far passare come fenomeno mediatico un ragazzo dalle enormi potenzialità tecniche, ma tutt’ora panchinaro nell’Inter e non in grado di essere decisivo con l’Under21.
Gioca benissimo una partita, poi Mourinho lo rimprovera pubblicamente e lo lascia fuori: ci sarà un motivo?
Lo fischiano in tutti gli stadi d’Italia, con una differenza: sono più furbi degli juventini.
Sanno fino a dove possono spingersi.

Ci si é resi conto che l’Inter non sta mettendo una, ma due, tre, quattro “mani avanti” prima dello scontro diretto?
L’anno scorso non facevano così.
Prima si aggrappano ad un “vai tu” cercando di far credere ad un guardalinee che non si trattava di un “vai a fare…”: chiesta la squalifica di un turno invece di due (nuovo regolamento, mi mancava).
Poi si attaccano a cori razzisti (che non ci sono stati con l’Udinese) per chiedere di giocare in un campo neutro.
Ora non vedono l’ora di sentirne uno per uscire dal campo…
Un conto sono le dialettiche mediatiche prepartita, un conto la sommatoria di questi atteggiamenti.

Non hanno paura di noi, ma di loro stessi: “hanno vissuto di sogni” fino a quando non hanno capito che il Barcellona (e non solo) in Europa è di un altro pianeta. Per la Champions League ci vorrebbe un miracolo.
Riuscissero a passare la metà campo, contro di loro, almeno 5 o 6 volte, già sarebbe un buon risultato.

Non vincessero anche il campionato, sarebbe un dramma.Vogliono avere “la certezza” di riuscirci: per quanto siamo stati disastrosi, le potenzialità per un’ottima stagione le abbiamo ancora.

A Ferrara il compito di darsi una regolata, prima di venire abbandonato a se stesso come fu fatto con Ranieri: perché nessuno mi venga a dire che verrà protetto da questa dirigenza…

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